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Busto marmoreo di don Domenico Tanzella presente nella cappella della Madonna. Opera dello scultore molfettese Zaza

Il pio sacerdote nacque a Capurso il 6 maggio del 1650 da Vito Antonio Tanzella e da Vittoria D’Addosio.
Non si hanno notizie della sua infanzia. Il suo nome balzò agli onori della cronaca in seguito al rinvenimento del miracoloso affresco della Madonna del Pozzo.
Da quel momento tutta la sua vita fu spesa a celebrare e diffondere la fama della miracolosa Madonna.
Egli, però, si spense il 5 ottobre del 1730, senza che potesse vedere realizzata la costruzione del Convento degli Alcantarini.
Il busto marmoreo dedicatogli verso la fine degli anni Sessanta e sistemato nella Basilica non riproduce il suo vero volto. L’artista che lo eseguì dovette ispirarsi all’immagine di un parente dello stesso Tanzella, al secolo Gaetano Tanzella.
Pur non essendo disponibili delle testimonianze dirette sulla figura di don Domenico

Targa busto don Domenico

Tanzella, è possibile ricostruire un profilo attraverso le parole del Padre Minimo capursese Francesco Carone, il quale ne sottolinea talune virtù riscontrabili in un animo sacerdotale provato, come l’umiltà, la fedeltà e la pazienza.

“La grande sua umiltà notata da tutta Capurso nell’umile ed onesto suo abito che vestì sempre, e negli umili e bassi sentimenti che sempre ebbe di se stesso”.

Il sacerdote Paolo Tanzella, discendente di Domenico Tanzella. Da questa foto si è giunti alla creazione del busto in marmo

Ne viene esaltata la sua fedeltà nell’amministrazione dei beni derivanti dalla Santa Raffigurazione, fedeltà evidenziata dalla meticolosità di annotazioni riscontrabili nel Liber donorum pretiosorum Venerabile Cappella Santa Maria de Puteo donatorum ex pietate fidelium.
Certamente il suo generoso impegno fa sì che il culto alla Vergine del Pozzo si diffonda, visto che don Domenico, per diffondere la devozione mariana di cui è stato testimone, soffre “pazientemente fatiche, pene, e travagli, scorrendo per fanghi, per caldi, per ghiacci, per trobali, per sassi, e per monti le città, le terre, li casati, li villaggi, e le Provincie”.
Il suo messaggio giunge senza distinzione di alcun genere “à donne, ad arteggiani, à pastori, ed à bifalchi rozzi, ed ignoranti; ma eziandio à letterati, à dame, à principi, à preti, à religiosi, e à prelati “. E il suo racconto dell’invenzione della Sacra Icona riesce a toccare i cuori facendo muovere “i più lontani forestieri ad invocarla negli estremi loro bisogni, e à far voto di lunghi pellegrinaggi con ricchi donativi alla Madre di Dio, che sotto questa nuova ritrovata Imagine s’adorava in Capurso, chi in calessio, chi in carrozza, chi à cavallo, e chi à piè scalzi “.